domenica 21 agosto 2016

Treia. Villa Spada: 20 agosto 2016 - Abbiamo ascoltato la musica per una comunità ideale in un luogo ideale


Villa Spada di Treia - Foto di Giuseppe Fioretti

Sabato 20 agosto 2016 io e Paolo siamo stati felici di festeggiare il nostro settimo anniversario d'amore  andando a Villa Spada per una visita guidata e un concerto di arpa celtica e racconti poetici a cura di  Alessandro Catalini e Annalisa Cancellieri (vedi:  http://treiacomunitaideale.blogspot.it/2016/08/treia-villa-spada-20-agosto-2016.html).

Era tanto che desideravo tornare a Villa Spada, c'ero stata da ragazzina in occasione di una manifestazione di cui non ricordo più bene il genere, ricordo solo che c'erano degli amici (ma non mi ricordo neanche chi) che vi suonavano. Sentivo raccontare poi da mia madre che lì ci aveva lavorato il mio bisnonno Germano, " profugo" dal Trentino (Mezzocorona), e sarà stato negli anni '20, a servizio dai "conti" (?) Vanutelli, perché dopo pochi anni uno dei suoi figli, Vittorio, sposò mia nonna Anna e dopo poco nacque mia madre, Gina. Lui morì che mia madre aveva due mesi e quindi non l'ha mai conosciuto, ma questa storia, un po' romantica, un po' paesana, mi ha sempre seguita. Saranno state anche queste storie che mi hanno legato a questo paese, un po' ostico.

La guida per la visita (che visita non era ma semplice racconto, narrazione della lunga e travagliata storia) era una guida d'eccezione: il "nostro" Sindaco, Franco Capponi, che ha fatto un lungo, interessantissimo escursus. Dopo la romantica storia ('800) del proprietario che fece ristrutturare dal Valadier la facciata e visse nella Villa con la sua amata polacca, Natalia, da cui le Polacche di Chopin, subentrò questo Vanutelli, che però la tenne per poco. In seguito divenne addirittura un "campo di concentramento femminile" per 37 donne straniere, spie, prostitute, ecc.che furono alquanto maltrattate, violentate, messe incinte, ecc. finché la Croce Rossa Internazionale si mosse per farlo chiudere. Poi vi furono imprigionati etiopi catturati dal regime fascista, nel '41, dopo l'Expo di Napoli. Uomini, donne e bambini. Molti riescono a fuggire e si mettono con i partigiani. Per alcuni mesi ci fecero base anche americani e polacchi. Credo che dei polacchi furono "ospitati" anche in questa mia casa a Treia. Passata alla fondazione Mastracola viene proposta in donazione al Comune ma non se ne fa nulla (anni '60). Viene data ad un certo Adriano Bettucci che ci fa vari abusi edilizi e muore nel '98. Il Comune allora si propone di acquistarla. Il 15/7/2000 viene venduta ad un privato, ma il Comune esercita il diritto di prelazione. Per 15 anni è stata sotto sequestro per gli abusi edilizi che rendevano nullo un qualsiasi atto di compravendita e purtroppo fece perdere al Comune la possibilità di avere i finanziamenti del dopo-terremoto dell'Umbria.

Questa è solo una piccola parte delle notizie che il Sindaco ci ha dato, mentre sedevamo diligentemente davanti a lui sulla scalinata della Villa.

Annalisa Cancellieri

Era già buio quando ha finito quindi in realtà non abbiamo visto molto, ma quel po' era veramente suggestivo.

Ci siamo spostati per il concerto nel "cerchio dei lecci", il luogo dove i monaci che vi hanno risieduto per un periodo andavano a pregare. Un luogo raccolto, dove l'unico spazio che rimaneva libero era il Cielo.

E lì ha subito avuto inizio il concerto:  
Alessandro Catalini, che cantava e leggeva, e Annalisa Cancellieri, che leggeva, cantava e suonava l'arpa, unico strumento. L'ambiente era illuminato solo da poche candele e torce ed era molto suggestivo. Le persone, noi compresi, si sono dovute sedere a terra, come ai vecchi tempi. Forse un po' scomodi ma in sintonia con la situazione. Musica angelica, suonata e cantata con maestria, veramente incantevole, e adatta al luogo. Ad Annalisa è stato chiesto che testi fossero quelli che leggeva: testi che essenzialmente parlavano di spiriti, di anime che, restando nel luogo, cercano di farsi sentire, di farsi ricordare.

E il luogo ove eravamo, sicuramente di anime ne ha viste e ne sono passate e forse ancora ci accompagnano.

Caterina Regazzi













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